CR-7, dove il «meno» sta per la valutazione psico-atletica del portoghese, ma soprattutto per la sabbia che resta nella clessidra. Mancano solo 7 giorni a Juve-Atletico Madrid, la partita chiave della stagione. La miccia si accorcia. Corsa contro il tempo per ritrovare la Juve migliore e il miglior Cristiano Ronaldo, con il sospetto forte che, ritrovando la prima, si ritroverebbe anche il secondo. E, forse, viceversa. I numeri delle due ultime prestazioni di CR7 sembrano quelle di un aereo che perde quota. Cristiano in campionato riceve in media 10 palloni a partita nell’ultimo terzo di campo, quello in cui incide. Quelle palle, contro Bologna e Napoli, sono state appena 9 in 180 minuti: meno della metà. CR7 gioca 6,5 palloni nell’area avversaria, il suo territorio. A Napoli è successo appena una volta. E ancora. La media dei suoi palloni giocati in una partita di A è di 51,6: contro il Bologna 49, contro il Napoli 41. La media tiri è a 6,1: con il Bologna e a Napoli, solo 2. I numeri più importanti vengono di conseguenza. Ronaldo ha messo in fila due partite senza un gol o un assist, tre con Madrid. Non succedeva da inizio anno. È come se Cristiano fosse sparito dai radar della cronaca che conta. Perché?
Forma fisica Nonostante viva in una casa-palestra e abbia una cura maniacale del proprio corpo, resta un atleta di 34 anni. Non può mantenere la condizione al top per nove mesi. Periodi di calo sono fisiologici e in quei periodi calano la sua arte e la sua produzione, perché la prepotenza atletica è tanta parte del suo gioco. CR7 va oltre l’uomo di forza più che di tecnica, strappando con i suoi muscoli potenti. Senza quello strappo, senza lo spunto che lo porta sul pallone prima degli altri, non c’è il vero Cristiano. Fatica ad andare oltre il difensore con la tecnica pura. Quando Mourinho, non il suo migliore amico, diceva: «Io ho allenato il Ronaldo vero, il Fenomeno», intendeva anche questo. CR7 prese come un affronto umiliante gli esercizi che gli imponeva Rafa Benitez a Madrid per migliorare la tecnica di dribbling, ma non era così assurdo. Senza forza nelle gambe, il suo doppio passo diventa una sorta di surplace: scatta, ma è come se la prima gli andasse in folle. Romba, ma non sgomma. Anche al San Paolo ha perso tanti corpo a corpo. Lo scatto con cui si è avventato sul retropassaggio di Malcuit è nato da una colpa altrui.
Tattica e orgoglio A proposito di Mou. Il 27 aprile 2011 il Barcellona espugnò il Bernabeu con due gol di Messi nella semifinale di andata di Champions. A un certo punto Cristiano si lanciò da solo contro Piqué e i difensori di Guardiola che se la passavano indisturbati. Sembrava Kevin Costner nella scena iniziale di «Balla coi lupi». Alla fine, esausto, si fermò, si voltò e si sbracciò isterico verso i compagni invitandoli a salire. Un fuoriclasse di questa stoffa vive d’orgoglio. A vedere la sua squadra lontana, ritirata là dietro, come ordinava Mou e come successo nel secondo tempo al San Paolo, si deprime, si avvilisce. Non ci è abituato perché ha sempre giocato in squadre di governo e di potere. Scoprire la sua Juve incapace di imporre la superiorità all’Atletico, costruito per difendersi, lo ha intristito. Nelle ultime partite, CR7 ha raccontato con il linguaggio del corpo la sua insoddisfazione, molto simile all’Higuain milanista, un altro cresciuto nella reggia di Madrid. In Spagna si dice: «Fuori dal Real fa freddo». Cristiano, in questo momento duro, lo sta provando sulla sua pelle. Il che non significa attribuirgli mal di pancia da ritorno, alla Bonucci. Non significa, soprattutto, che il momento sia definitivo e non transitorio.
Dal meno al più A fuoriclasse della stoffa di CR7 e a squadre della storia della Juve basta una notte di passione, in uno Stadium rovente, per riaccendersi. Se la Juve si sblocca di testa e ritrova l’esuberanza atletica, ha tutto per coccolare Ronaldo. Benzema ha spiegato: «Perché segno di più? Prima ricevevo palla e cercavo Cristiano, ora cerco la porta». Mandzukic ha dimostrato di poter fare il Benzema. Cristiano festeggia con la Dybala Mask anche per evocare Paulo e poter dialogare con la sua classe e quella di Pjanic, per ricreare il microcosmo di Modric e Isco. Se la squadra avrà la personalità e le energie per avvolgerlo nella manovra e rifornirlo con continuità, CR7 riscoprirà il sorriso perso nelle ultime partite. La Juve e Cristiano possono ritrovarsi a vicenda. La storia è piena di fiammate gloriose. Pablito Rossi al Mundial ‘82 passò da «niño de piombo» a «niño de oro» con una tripletta. C’è ancora tempo per trasformare il meno in più. In fondo in una settimana è stato creato il mondo.
Via | La Gazzetta dello Sport
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